Pico 4 ha un grosso problema… La recensione definitiva

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No, il grosso problema del Pico 4 non è l’assenza di una connessione video non compressa via Display Port, sarebbe stato troppo scontato. Questa sicuramente è una mancanza importante, ma ne parleremo dopo. Il grosso problema del Pico 4 è un altro, e ve lo dico subito. Anzi no, meglio se ve lo dico alla fine della recensione. O magari ve lo dirò circa a metà. Insomma, se volete sapere qual è il grosso problema del Pico 4, leggetevi tutta la mia recensione (o guardate il video) e lo scoprirete.

Materiali e comfort

Tralascio la scheda tecnica e le caratteristiche più ovvie, che trovate in decine di altre recensioni, o se preferite, nelle FAQ sul Pico 4 che ho sviscerato in questo articolo. Parto subito quindi a darvi le mie impressioni, partendo dalla qualità costruttiva di questo visore, che è ottima. Le plastiche ed il cinturino sono ben assemblati, dando una sensazione di solidità. Il visore è veramente compatto e leggero considerando che ha tutto integrato per funzionare in maniera autonoma. La batteria posteriore permette di bilanciare ottimamente il peso, anche se aumenta l’inerzia quando si muove velocemente la testa. Peccato per la mascherina, di un materiale troppo rigido e dalla forma poco avvolgente, che lascia entrare molta luce dai lati. Anche il cuscino posteriore è troppo compatto e rigido rispetto ad altre soluzioni presenti sul mercato. Tutto questo potrebbe dipendere semplicemente dalla forma della mia testa, quindi per voi potrebbe essere anche tutto il contrario. Nonostante questi dettagli, il Pico 4 rimane il visore standalone più comodo che io abbia mai provato, ma non aspettatevi il miglior prodotto in assoluto da questo punto di vista.

Display e lenti

Pico 4 monta due display LCD dalla risoluzione di 2160×2160 per occhio. I colori e i contrasti sono molto buoni, e non mi hanno mai fatto rimpiangere più di tanto quelli dell’HP Reverb G2 (ovvero il visore che ho usato in questi ultimi due anni). E considerando che il Pico 4 è alimentato solo da una batteria, è un grande risultato. A patto di aumentare la luminosità del visore al massimo nel menu delle impostazioni, che per qualche motivo di default è settata a circa il 70%. L’SDE (effetto zanzariera) è praticamente invisibile, ma ho notato un po’ di mura (difficoltà nel rappresentare un colore omogeneo in maniera uniforme). Questo difetto si nota solo in presenza di sfondi quasi monocromatici e molto chiari. Parlando di lenti, ammetto che sono il motivo principale per il quale ho voluto provare questo visore. Il Pico 4 infatti monta due lenti pancake, la principale caratteristica che lo distingue dalla concorrenza diretta che utilizza lenti Fresnel. Devo dire che il primo impatto non è stato proprio positivo. Di fronte ad un’innegabile nitidezza infatti, ho notato subito delle distorsioni ai bordi dell’immagine, come se la lente creasse una specie di effetto fisheye. Questo problema mi ha creato subito del fastidio, dato che dopo un’ora ero già tentato di fare il reso del visore. Però ho voluto insistere un po’ di più e dopo qualche ora quella strana sensazione è sparita, come se i miei occhi si fossero abituati alle nuove lenti. Questa è stata la mia esperienza quindi non per tutti potrebbe essere così semplice il passaggio dalle lenti Fresnel a queste pancake. Ritornando al discorso nitidezza, questa è francamente incredibile, e permette di scrutare anche i più minimi dettagli di una trama ad alta risoluzione. Lo sweet spot è molto semplice da trovare, però non è vero che è grande come quasi tutta la lente. Se si indossa male il visore infatti, oppure se, una volta indossato bene, si muovono le pupille verso i bordi, si nota un effetto ghosting nei bordi delle immagini, che parte da circa un 20-30% della lente ed aumenta sempre di più verso l’esterno. Questa cosa si nota in particolare quando in un gioco ci sono i sottotitoli, che se posizionati troppo in basso risultano praticamente illeggibili. Questo difetto costringe sempre, come col G2, a muovere la testa più che le pupille, vanificando un po’ quello che dovrebbe essere un vantaggio delle lenti Pancake rispetto alle Fresnel. Un punto di forza invece è l’assenza di glare e God rays, anche se quando c’è un testo chiaro su sfondo scuro, si crea una specie di alone che schiarisce quasi tutta la visuale. A volte poi quando c’è sempre un oggetto molto chiaro su sfondo scuro, si vede un suo riflesso molto tenue che si ripete per 3-4 volte in profondità. Questa cosa l’ho notata nella home di Steam VR che è molto scura, con i modelli CAD dei controller che invece sono bianchi. Al netto di tutti i difetti che ho elencato, considero comunque il risultato finale delle lenti del Pico 4 superiore a quello delle Fresnel del Quest 2 e delle ibride del G2, anche se c’è ancora un ampio margine di miglioramento. Faccio anche un breve accenno al FOV, che è di circa 98° in orizzontale ed 88° in verticale, praticamente identico a quello che ho col G2 con la maschera Frankenfov che mi avvicina al massimo gli occhi alle lenti. Se portate gli occhiali e quindi dovete utilizzare il distanziatore presente nella confezione, sappiate che così rinuncerete sicuramente a qualche grado.

Audio e microfono

L’audio del Pico 4 esce da due altoparlanti posti nel cinturino, e devo dire che mi ha sorpreso. Il volume è buono anche se non elevatissimo, e il suono si disperde un po’ troppo. Anche se gli altoparlanti del G2 (che sono gli stessi del Valve Index) sono ancora insuperati, la qualità e la tridimensionalità dell’audio sono ottime, e non ho mai sentito il bisogno in tutte le mie prove di utilizzare un paio di cuffie. Chiaramente queste ultime sono necessarie per chi si vuole isolare ed immergere al 100%. Peccato per la scelta scellerata da parte di Pico di non inserire un’entrata jack nel visore, costringendo ad usare un adattatore per l’unica porta USB-C. Se si vuole utilizzare il visore mentre è in carica occorre anche fornirsi di uno sdoppiatore, ma in questo caso non sarà possibile giocare alla PC VR via cavo. Il microfono fa il suo sporco lavoro di catturare bene la voce ed isolare i rumori. Non ho mai riscontrato problemi nè in standalone nè con il PC utilizzando Virtual Desktop. Per farvi un’idea basta che andate a recuperarvi tutti i video gameplay che ho fatto col Pico sul canale, dove ho sempre registrato la mia voce col microfono integrato.

Controller e tracking

La cosa che salta all’occhio subito dei controller del Pico 4 è sicuramente la forma insolita dell’anello che contiene i sensori del tracking. Questo infatti invece di essere posizionato nella parte frontale come la concorrenza, inizia davanti e finisce dietro al controller, sormontando la mano. Secondo la stessa Pico questo design dovrebbe ridurre la possibilità di scontrare i due controller tra di loro, ma ad essere sincero non mi ha del tutto convinto. Infatti invece di toccarsi nella parte davanti, mi è capitato spesso che si scontrassero proprio nella parte posteriore, per esempio quando si tira il carrello della pistola. Inoltre proprio la forma dell’anello rende impossibile utilizzare gli attuali grip con fascetta stile Index controller o gli adattatori per i gunstock, rendendo necessario attendere prodotti ad hoc creati dalle aziende produttrici. Questa forma però ha portato anche un vantaggio inaspettato, soprattutto per gli amanti degli sparatutto: è praticamente impossibile che un controller possa occludere l’altro. In generale il tracking del Pico 4 mi è sembrato ottimo: le 4 telecamere sono posizionate in modo da coprire per intero la parte frontale e anche qualche zona dietro al nostro corpo. Durante i miei test ho tentato di rompere il tracciamento dei controller ma spesso raggiungevo il limite fisico di allungamento delle mie braccia prima di riuscirci. Inoltre essi vengono tracciati fino a quando si tocca il visore: davvero un ottimo lavoro da parte di Pico da questo punto di vista. Chiaramente come ogni sistema inside-out serve un po’ di luce perché il tracciamento funzioni bene. Un accenno alla qualità costruttiva dei controller che a mio parere è ottima e superiore a quella dei controller del Quest 2. Ottimo l’utilizzo di materiali antiscivolo nell’impugnatura e in generale la qualità dei materiali utilizzati. Secondo me azzeccata anche la scelta di utilizzare 2 batterie per controller che li rende pesanti il giusto e non troppo leggeri come quelli del Quest 2. Inoltre così ci si può seriamente dimenticare di cambiarle per mesi: grazie all’utilizzo della tecnologia infrarossi infatti hanno un’autonomia dichiarata di 80 ore. La vibrazione l’ho trovata in linea con i controller Oculus/Meta, fa il suo dovere ma non ho percepito nessun tipo di feedback aptico. La configurazione dei tasti è esattamente la stessa dei controller del Quest 2, quindi anche qui, nessun problema. Presenti in più dei tasti aggiuntivi, uno dei quali dedicato a realizzare video e screenshot. Peccato che il più delle volte ho scattato degli screen senza volerlo perchè sbagliavo tasto, però è comunque un pulsante che è comodo avere in certe occasioni.

Configurazione iniziale e software

Entrare in realtà virtuale con il Pico 4 è semplicissimo: basta accendere il visore, indossarlo e seguire le semplici istruzioni a video. Non serve scaricare l’app su smartphone, che comunque esiste e può essere utilizzata per comprare le app. La distanza interpupillare (IPD) si regola direttamente con un tool nel visore, visto che il movimento delle lenti è automatico ed eseguito da un motorino interno. Il passthrough è a colori ed affidato ad una camera dedicata e posizionata al centro del visore. Sebbene la visione sia sicuramente superiore a quella dei visori concorrenti, la ritengo ancora troppo sgranata e distorta per qualsiasi utilizzo che non sia dare un’occhiata veloce a ciò che ci circonda, e chiaramente insufficiente per qualsiasi applicazione AR decente. La creazione dei limiti dello spazio di gioco è praticamente identica a quella del Quest. Anzi a dir la verità tutto il software assomiglia fin troppo a quello del visore Meta, cosa a mio parere non molto positiva, visto che non lo trovo molto intuitivo. Purtroppo manca un’app o una demo iniziale per ricreare la magia della VR a chi indossa il visore per la prima volta. Una grave mancanza, visto che ricordo ancora come se fosse ieri Oculus First Contact e l’importanza che ha avuto una semplice esperienza del genere per innamorarmi della realtà virtuale. Il sistema operativo in ogni caso l’ho trovato reattivo e stabile, ed è inoltre molto più “aperto” di quello del Quest. Nel senso che è possibile con molta facilità caricare file nel, o dal visore, installare apk esterni ed accedere in remoto ai file del proprio PC. Per quanto riguarda il lato multimediale, sono già preinstallate le web app per i più famosi servizi di streaming come Youtube e Disney+. Ed è già presente un lettore di video che ti trasporta in una sala cinema e ti permette di guardare i propri files video in qualsiasi formato, dal VR180 al 3D SBS. Anche se reputo la fruizione di contenuti multimediali con questo visore ancora parecchio più scomoda di una normale TV, nonostante la risoluzione dei pannelli e le lenti pancake.

Esperienze standalone

Lo dico subito: se cercate un visore da usare esclusivamente standalone, prendetevi un Quest 2. Nonostante i display e le lenti siano superiori a quelle del visore Meta, il Pico 4 monta lo stesso processore, ovvero l’XR2. Ed è vero che ci sono 2 GB in più di RAM e che lavora a frequenze maggiori grazie ad un sistema di raffreddamento più efficiente. E lo è sul serio, visto che tiene a bada non solo l’hardware, ma anche l’appannamento delle lenti, soffiando un po’ d’aria anche all’interno della mascherina. Unico contraltare, una maggiore rumorosità della ventola rispetto al Quest 2, anche se non è mai troppo fastidiosa. Ma al di là di questo, le esperienze che ci sono su entrambi i visori (a parte qualche rara eccezione come Red Matter 2) sono esattamente le stesse. Anzi, spesso su Pico i giochi sono meno ottimizzati, o addirittura mancano alcuni contenuti aggiuntivi. Inoltre nel visore di Byte Dance non potranno mai arrivare le esclusive Meta, da Beat Saber a Resident Evil 4, passando per Star Wars. Quindi meno giochi e che paradossalmente si vedono peggio, perchè girano alla stessa risoluzione del Quest 2, ma su un display con più pixel, risultando più spalmati. Difetto ampliato ancora di più dalla nitidezza delle lenti Pancake, che nelle esperienze standalone invece di esaltare i pregi evidenziano i difetti. La durata della batteria invece è simile alla concorrenza, e cioè di circa due ore. E’ possibile utilizzare un powerbank esterno per estenderne la durata, con la limitazione vista prima della presenza di una sola porta USB-C sia per la carica che per eventuali cuffie esterne.

Esperienze PC VR

Dove il Pico 4 mostra i muscoli è sicuramente nelle esperienze PC VR, con una premessa. Purtroppo in questo visore Pico ha deciso di omettere completamente l’entrata video nativa in display port, presente nel precedente Pico 3 Link. Sinceramente non capisco il perché di questa scelta, visto che la tecnologia era già sviluppata. Inoltre l’app ufficiale streaming assistant, che permette di collegare il Pico 4 al PC in wireless o con un cavo USB, è obiettivamente scadente. Troppo basso il bitrate ma soprattutto la risoluzione massima che si può impostare. Fortunatamente entra in gioco Virtual Desktop: con questo software dal costo di circa 20 euro è possibile trasformare il Pico 4 nel miglior visore PC VR wireless presente sul mercato. Per sapere come, vi lascio alla mia guida. Vi dico solo che in alcuni giochi il Pico 4 raggiunge la qualità visiva di uno dei migliori visori PC attualmente in commercio, ovvero sempre il solito G2. Ed è incredibile pensando che lo fa completamente senza fili ed alimentato solo da una batteria. In altri giochi la compressione si fa notare maggiormente, e fa rimpiangere ancor di più l’assenza di un’uscita video nativa, che avrebbe reso il G2 di colpo obsoleto. Oltre ad azzerare la latenza dei controller, che in qualche gioco, soprattutto se pesante e poco ottimizzato, si avverte parecchio in wireless. Ho fatto più di qualche video di confronto tra Pico 4 e G2, li trovate tutti nel canale YouTube. Non serve sottolineare come invece il Quest 2 con la PC VR perda la sfida sotto praticamente qualsiasi punto di vista: è più scomodo e meno nitido, anche se rimane più semplice da configurare e più supportato lato software. Con il Pico 4 e Virtual Desktop infatti, non vedremo quasi mai il modello virtuale corretto dei controller, ma i touch del Quest 2. Questo è un problema da nulla, se non fosse che qualche gioco pensa ancora che stiamo utilizzando i vecchi controller wand dell’HTC Vive, con ovvie conseguenze in termini di mappatura dei tasti. Un aspetto decisamente positivo è invece che dalla dashboard di Virtual Desktop è possibile lanciare direttamente le esclusive Oculus PC come Lone Echo ed Asgard’s Wrath, e soprattutto che funzionano benissimo. Per tutto il resto basta installare SteamVR direttamente da Steam, visto che quando collegato al PC il Pico 4 si interfaccia direttamente con il software di casa Valve.

Conclusioni

Pico 4 dunque è un ottimo visore standalone, che riesce a mostrare i muscoli con la PC VR, confortevole, facile da usare e con degli ottimi controller. E’ arrivato però il momento di dirvi qual è il più grosso problema di questo visore. Ed è il fatto che questo visore è semplicemente uscito troppo tardi sul mercato. Chi infatti possiede già un Quest 2 da due anni, e ha già speso decine se non centinaia di euro nel suo store, non è sicuramente invogliato a cambiare per qualche miglioria tecnica, e doversi ricomprare molti giochi. Chi ha già un visore PC, che può essere un HP Reverb G2, un Valve Index o lo stesso Quest 2, non troverà sufficienti vantaggi a sostituirlo col Pico 4, a meno che non cerchi a tutti i costi la migliore esperienza PC VR in wireless. Chi cerca il suo primo visore, probabilmente brama l’esperienza più semplice e più supportata lato software, e quindi la scelta cadrà quasi sicuramente ancora sul Quest 2, sia in standalone che in PC VR. Ma soprattutto nel 2023 usciranno molti visori di nuova generazione, dal Playstation VR2 al Quest 3, passando dal nuovo visore di Valve che quasi sicuramente si farà vedere quest’anno. E quindi Pico 4 potrebbe ritrovarsi già vecchio ancor prima di compiere il suo primo anno. Ma quindi sconsiglio l’acquisto del Pico 4? Assolutamente no, sarebbe stupido sconsigliare un ottimo prodotto come questo. Soprattutto visto il prezzo di soli 430 euro per la versione con 128 GB di memoria. Solamente, siate ben consapevoli del tipo di acquisto a cui andate incontro, tutto qui.

VOTO FINALE: 8

Pico 4 in pillole:

Pro:

  • Il visore standalone più comodo e leggero sul mercato…
  • L’audio integrato è sorprendentemente buono…
  • Lenti pancake e display ad elevata risoluzione garantiscono un’ottima nitidezza…
  • Il software è stabile e molto aperto…
  • La migliore esperienza PC VR in wireless con Virtual Desktop…
  • Controller e tracking praticamente perfetti.

Contro:

  • …ma la mascherina è dura e lascia filtrare troppa luce.
  • …ma manca l’entrata jack per le cuffie.
  • …ma ci sono distorsioni che potrebbero causare malessere.
  • …ma manca un’app o una demo introduttiva.
  • …ma l’app proprietaria per collegarlo al PC è scadente.
  • Libreria di giochi standalone non all’altezza della concorrenza.

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